Recensione di "INSIDE JOB" parte 2
Serie Netflix creata da Shion Takeuchi
Un miglioramento per ogni nuova pecca.
PARTE 2
Gli oscuri personaggi che governano segretamente le nostre vite e ci manipolano le menti sono tornati per la seconda parte di “Inside Job”, e sono più fuori di testa che mai. (per leggere la recensione della prima parte, clicca qui).
Fin dalle prime scene, in cui stavolta è la protagonista a inveire ubriaca contro un gruppo di ragazzini, lo stile umoristicamente nero e fuori dalle righe pare rimanere consistente con i primi episodi. Ci sono però delle sottili differenze che potrebbero passare inosservate ad una prima visione.
Dall’inizio, “Inside Job” era caratterizzato da un ritmo comico-narrativo estremamente veloce, con battute a raffica tali da mettere in difficoltà i doppiatori più esperti. Nella seconda parte, non dovendo più “perdere tempo” a introdurre la premessa, il ritmo pare addirittura accelerato, ad una rapidità tale che i creatori della serie paiono aver paura di perdere l’attenzione dello spettatore se solo dovessero fermarsi un attimo. Considerato il ridotto margine di attenzione di molti consumatori di contenuti online, causato proprio da queste stesse serie iper-veloci, il timore potrebbe essere fondato; ma la soluzione non può essere quella di accelerare ulteriormente.
Se in molte moderne serie live-action il ritmo spesso rallenta, ribadendo concetti facilmente riassumibili per riempire il tempo degli episodi (come in‘La Casa di Carta’ e ‘Squid Game’ per dirne un paio) spingendo lo spettatore a ricorrere al pulsante per velocizzarne la visione in certi tratti, qui d’altro canto può tornare utile il pulsante per rallentare. Nella disperata ricerca del giusto ritmo narrativo per le moderne serie televisive, la risposta si trova da qualche parte fra questi due estremi.
Dietro l’accelerazione potrebbe esserci anche lo scopo di rendere difficile il lavoro ai recensori (come il sottoscritto) di trovare pecche nella trama e nello stile. Come si può dopotutto prendere appunti e analizzare qualcosa di così frenetico? Infatti, cercando di stare dietro agli accadimenti di questa serie, possono facilmente sfuggirne sia i difetti che gli (occasionali) miglioramenti.
La pecca più grave della prima stagione era quella di trarre commedia più dalle singole battute gettate a raffica invece che crearle organicamente attraverso gli attriti fra i personaggi. Tutto ciò è stato risolto stavolta? Hmm. Sì e no…
I legami tra i personaggi sono un po’ rafforzati, più che altro attraverso gli insulti gratuiti che si lanciano l’un l’altro con maggior frequenza. D’altro canto, la satira del mondo moderno, ad eccezione per due episodi (il quarto, ‘We Found Love in a Popeless Place’; e il quinto, ‘Brettwork’) diventa meno incisiva e diretta, concentrandosi invece più sulle pazzie private e professionali dei protagonisti. Ma anche in questo caso, l’esplorazione delle dinamiche dei personaggi non è immediata.
Invece che sviluppare i legami tra i personaggi già esistenti, ne viene curiosamente introdotto uno nuovo, Ron (Adam Scott), che ruba la scena agli altri. Viene inserito rapidamente e brutalmente… Tuttavia, se si sorvola il fatto che lui e la protagonista si innamorano più fulmineamente che in un film Disney; egli riesce giustificare la sua esistenza nella trama più di quanto gli altri personaggi canonici abbiano giustificato la propria nell’intera stagione precedente. È lui, infatti, a portare alle stelle la tensione emotiva e l’apice dei pochi (e rapidi) momenti umani riservati per gli ultimi episodi. E quell’apice vale l’intera visione della serie “Inside Job” fino a questo punto. Quando Brett dice che Reagan (Lizzy Caplan) è la sua migliore amica, ci credo fino ad un certo punto, date le pochissime volte che li si vede trattarsi da amici. Ma quando Ron & Reagan si scontrano sui sentimenti che provano l’uno per l’altra, nonostante il poco tempo trascorso assieme, si rivela molto più coinvolgente di quando lottano all’ultimo sangue contro Keanu Reeves (già, accade anche quello).
In termini di qualità, questo nuovo set di episodi è un bagaglio misto, colmo sia di miglioramenti che di nuove pecche, ma che certamente non annoierà. Anzi, potrebbe addirittura colpire nel profondo chi riesce a stare al frenetico passo dei protagonisti fino alla fine.
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